La Costituzione Italiana

Di tanto in tanto, per consolazione, per gusto e per illusione, vado a rileggermi qualche articolo della nostra Costituzione, una carta fondamentale, scritta e nata su criteri di logica, razionalità, democrazia, dai nostri predecessori, ed ispirata a sani principi morali ed etici.     

 

          

 Leggerla è un piacere, crea un qualcosa di magico a cui una persona si sente punto di riferimento principale in una logica di appartenenza civile,

l’art 1 recita: “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione; non vi sentite importanti già dal fatto che esercitate (ops.. scusate: esercitiamo) un potere, la sovranità ci appartiene, ergo siamo noi a decidere la sorti del nostro paese, siamo noi a volere far dipendere la vita di tutti nel rispetto degli altri e delle regole che noi ci siamo imposti nell’interesse di ognuno di noi contestualmente alla collettività. I nostri avi fondatori hanno saputo vedere bene.

 L’art. 2 recita: “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle forme sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Badate bene l’uomo/cittadino è al centro, con i suoi diritti e doveri, di questo articolo, in parole povere dovrebbe significare che ognuno di noi è garantito da leggi e regolamenti ma innanzitutto, prerogativa indispensabili per leggi e regolamenti è un diritto, naturalmente accompagnato da un sacrosanto dovere, in quanto cittadino. L’art. 4 recita: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” La seconda frase mi impressione, il senso civico di ognuno di noi, dovrebbe farci riflettere, soprattutto nella spiritualità del concetto; innalzarsi al di sopra della logica dell’egoismo nel concetto di benessere di tutti.           

 Seguono una serie di articoli, l’art 13, sulla libertà personale, l’art. 35 sulla tutela del lavoro,  ed altri ancora, tutti miranti a regolamentare la vita sociale, culturale, etica e politica del nostro paese; poi c’è una parte dedicata al nostro Parlamento, come si elegge, da chi, cosa e come è composto, cosa e quando devono compiere atti, come garantiscono la percezione di emolumenti (art. 69), come non essere sottoposti a procedimenti (art. 68) ed altri ancora; vi esorto a leggerla ogni tanto, male non fa.         

 Vi esorto a leggerla con una avvertenza, se vi pare che una tale norma non venga applicata, ma solo discussa dai nostri rappresentanti (ricordate il popolo è sovrano...) non arrabbiatevi, non imprecate, cercate invece di educare il rappresentante e stimolarlo nella giusta direzione, non lasciatevi prendere dal panico, in fondo il potere è nelle vostre (nostre) mani. !!!!           

 Se vi doveste rendere conto che tutte le norme in essa contenute non sono applicate da chi dovrebbe rappresentarci, o almeno valgono per tutti o quasi, ma non valgono per alcuni, o tutti, di loro, dobbiamo essere comprensivi, in fondo non fanno altro che compiere il loro dovere nel rispetto di regole create a tutela proprio di chi riesce in vari modi a sedersi su delle scomode poltrone, che nessuno però vuole lasciare più una volta che ci si è seduti.             

 Se veramente fossero così scomode, così come ci lasciano intendere, in quanto capiamo che non possiamo accontentare tutti nell’elaborazione del diritto e dei doveri dei cittadini, perché non riescono a staccarsene e lasciare che altri si prendano il fastidio e le beghe che tali poltrone comportano? Riflettiamoci e meditiamo.          

 La verità è sempre nel mezzo secondo me, è piacevole essere riconosciuti come protagonisti della vita politica e sociale di un paese, nel bene o nel male (diceva qualcuno tempo fa: l’importante è che se ne parli..), e poi i vantaggi sono tali e tanti che.... perché rinunciarci allora? Qualcosa deve cambiare, a cominciare dal modo di come si affronta la vita politica, da come ci si pone nei confronti del popolo “sovrano”, e dal comprendere civicamente che qualora si facciano errori, bisogna pagarli gli errori, come cittadini comuni, come persone normali, non come ........ esseri superiori.             

 Infine noi, popolo italiano, dovremmo avere un senso civico più elevato, come volevano che fosse, forse, i padri fondatori della nostra Costituzione, altrimenti rischiamo di parlare bene e razzolare male, ma ce ne siamo accorti? Alcuni si, altri non ancora: inutile dire chi ancora non si è accorto.

Salve, 24/01/2009

 

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